Ornospade, Vienna, van Ghelen, 1727

 ATTO PRIMO
 
 
 SCENA PRIMA
 
 PALMIDE in abito guerriero e VONONE
 
 PALMIDE
 Risoluta.
 VONONE
                    A morir?
 PALMIDE
                                       Sì.
 VONONE
                                               Questo campo,
 d’ossa sparso e di sangue,
 non ti spaventa?
 PALMIDE
                                 Anzi vi fisso il guardo,
 per avvezzarmi a non temer la morte,
5termine de’ miei mali.
 VONONE
 Da costanza l’attendi,
 non da furor. Deh! Vivi.
 PALMIDE
 A chi vuoi che mi serbi?
 VONONE
                                               Al tuo Ornospade.
 PALMIDE
 Duro esiglio mel tolse; e un anno intero
10non mel rendé.
 VONONE
                               Rimorso e pentimento
 a pro dell’innocente
 parleranno al suo re.
 PALMIDE
                                        Taci, o Vonone.
 L’innocenza saper puoi d’Ornospade
 ma non l’iniquità del suo tiranno.
 VONONE
15A malvagio consiglio arte non manca
 di far ch’esca da un re comando iniquo.
 Artabano è ingannato.
 PALMIDE
 Artabano è un ingrato; e le infelici
 mie sembianze han la colpa
20de la sciagura del mio illustre amante.
 VONONE
 Che narri?
 PALMIDE
                       Il re de’ Parti
 per me amor concepì. Chiuse il reo foco.
 Cercò pretesti di cacciar del regno
 lui, più saldo sostegno
25di sua grandezza, per cacciarlo poi
 anche fuor del mio core;
 ma a suo dispetto vel mantenne amore.
 VONONE
 Or di tua fuga la ragion comprendo.
 Ella sia che ne guidi ad Ornospade.
 PALMIDE
30Come? In qual parte? A l’altrui traccia appena
 potei sotto quest’armi,
 qua e là errante, celarmi.
 Il re mi fa inseguir. Mi cerca ei stesso.
 Guai per me... No, Vonone.
35Meglio è morir. Qui ’l posso e qui lo voglio.
 VONONE
 Frena il duolo feroce e me, per molta
 fede a te noto, sofferente ascolta. (Palmide nulla gli bada, stando in atto pensoso)
 
    Agli oltraggi della sorte
 resisti da forte.
40Chi gran mal può soffrir, quasi l’ha vinto.
 
    Ne fa miseri il timore,
 felici il valore;
 né colpi di fato
 giungono a un cor che di costanza è cinto.
 
 PALMIDE
45Grazie agli dii, già intrepida mi spingo
 a incontrar ciò che temi. Ecco il mio fine. (Dà di mano alla spada, avendo veduto venir da lontano Anileo, seguito da’ suoi soldati)
 VONONE
 Ferma.
 PALMIDE
                 Lasciami.
 VONONE
                                     O dio!
 
 SCENA II
 
 ANILEO, GERONZIO con seguito e i suddetti
 
 ANILEO
                                                   Sol contra tanti,
 che far pensi? A sì vasta
 strage colui si aggiunga.
 PALMIDE
50O perfido Anileo, tu cadrai prima. (Si avventa per ferirlo ma il colpo le è trattenuto da Vonone che si mette di mezzo e le toglie la spada)
 VONONE
 Indietro; e rispettate
 in Palmide, ella è dessa,
 degli Arsacidi il sangue.
 ANILEO e GERONZIO
 Palmide!
 PALMIDE
                    Ah, mi tradisti. (Anileo e Geronzio parlano sommesso fra loro)
55Inumana pietà! Più rio di tutti
 nemico. Essi uccideanmi e tu mi salvi.
 Dammi il ferro o qui ’l vibra.
 VONONE
 Feci il dover. Ti acheta.
 ANILEO
 Fortunato è ’l rincontro. (A Geronzio)
 GERONZIO
60Sappi usarne in tuo pro. (Ad Anileo)
 ANILEO
                                                Bella, né affanno
 né ti rechi timor che il tuo ardimento
 t’abbia tratta in poter di chi ti onora.
 Sei serbata a gran sorte.
 PALMIDE
                                               O di Ornospade
 vile persecutor, degno di tutto
65l’odio mio, non dirò, ma del mio sprezzo,
 pria ver l’amico ingrato,
 poi rubello al tuo re, posta ha ’l destino
 l’ultima meta al suo furor, col farmi
 cader in tua possanza.
70Né peggio ei mi può far; né tu potrai
 peggior di quel che sei renderti mai.
 ANILEO
 Han grazia sul tuo labbro anche gl’insulti.
 Tu, Geronzio, da’ ’l segno;
 e s’apra a noi ne la città difesa
75il trionfale ingresso.
 GERONZIO
 Sì, che già cadon l’ombre e ’l dì si cuopre. (Geronzio con alquanti soldati va verso la porta della città, la quale si apre)
 VONONE
 Non l’irritar. (A Palmide)
 PALMIDE
                            Non teme chi dispera. (A Vonone)
 ANILEO
 Ivi l’asilo, ivi l’omaggio avrai. (A Palmide)
 PALMIDE
 Il più fier de’ martiri
80vuoi risparmiarmi? Non seguir miei passi;
 e fa’ che quel reo aspetto io più non miri.
 
    Tu m’ hai tolto il caro amante;
 tu hai sedotto in cor regnante
 un amor che già mi costa
85pianti, spasimi ed affanni.
 
    Da te solo, o scellerato,
 tutti nacquero i miei danni. (Entra nella città con Vonone, scortata da alquanti soldati, uscendone altri a riceverla e custodirla)
 
 SCENA III
 
 ANILEO e GERONZIO
 
 ANILEO
 Ben mi sono propizi,
 fedel Geronzio, i numi.
 GERONZIO
                                             Oggi hai respinti
90assalitori e assalti e nel lor campo
 spaventati i nemici.
 ANILEO
 Questo fu assai; ma quanto
 più mi rincora e giova
 Palmide in mio poter.
 GERONZIO
                                           L’ami tu forse?
 ANILEO
95Anileo non si perde in vani affetti.
 Ella al re piace. Io col serbarla a lui
 di perdon mi assicuro.
 GERONZIO
 Sei vincitor e temi?
 ANILEO
 A tant’armi, ond’è cinta,
100non può guari durar Carre; ed è forza
 che ceda alfine, indebolita e vinta
 da’ miei stessi trionfi.
 GERONZIO
                                           Or che far pensi?
 ANILEO
 So che al campo esser deve
 fra poco il re. Tu per rimota e breve
105strada il previeni; e digli
 che mi torni il suo amor, mi lasci il dato
 governo; e pongo l’armi; e la difesa
 città gli rendo; e Palmide gli serbo.
 Che s’ira è in lui maggiore
110e un feroce rifiuto
 mi sforzi a disperar, tremi il suo amore.
 GERONZIO
 Ben risolvesti. Ubbidirò.
 ANILEO
                                                Se dato
 mi è ottener per tal via grazia e perdono,
 non temerò che l’esule Ornospade
115più si richiami e con maggior fortuna
 al reale favor mi chiuda il passo,
 guardando addietro me, tapino e lasso.
 
    Ho un core sì altero
 che freme, se vede
120chi innanzi gli vada
 nel regio favor.
 
    Far poco ei non crede,
 tacendo e soffrendo
 la legge e l’impero
125di re che ha più forza,
 non merto maggior. (Entra nella città, seguito da’ suoi soldati, e al suo ingresso suonano timpani e trombe)
 
 SCENA IV
 
 GERONZIO
 
 GERONZIO
 Malvagia ambizion, che non esiggi
 da chi di te si forma idolo e nume?
 Cieco Anileo, tu corri
130un sentier, che ti guida
 a perderti, e nol sai. La tua alterezza
 lega fe’ con invidia e con inganno,
 sol d’Ornospade in danno. Ei pur ti volle
 di sua fortuna a parte.
135Tu perché, in proccurargli esiglio e pena,
 renderli tal mercede?
 Qual fu la colpa sua? Donde il tuo sdegno?
 Donde? Dopo i suoi beni e i tuoi doveri,
 dal veder te men grande e lui più degno.
 
140   Guardi l’agricoltor
 di non fidar a ingrato
 e perfido terren le sue sementi.
 
    O in messe di dolor
 un dì raccoglierà spine pungenti.
 
 Campo attendato de’ parti, illuminato di notte. Soldati qua e là sparsi di guardia.
 
 SCENA V
 
 ORNOSPADE
 
 ORNOSPADE
145Qui si attenda il gran duce;
 e rimanete intanto
 voi meco a ragionar, tristi pensieri.
 Ma a qual de’ miei disastri
 darò il primiero? Al perfido Anileo?
150Non si curi. Al mio re? Benché spietati,
 i comandi ne adoro.
 Al duro esiglio? Con virtù lo soffro.
 A la diletta Palmide? Mi serbi
 la sua fede e mi basta.
155A l’onor mio? Meco lo porto e chiaro,
 qual sol per nube, ne traspare il raggio,
 senza temer di rea calunnia oltraggio.
 
    Palmide, dolce oggetto
 del mio più caro affetto,
160rallegra un mio pensiero
 e dimmi la tua fé.
 
    Palmide... (Viene interrotto dal suono delle trombe, dalle quali è preceduto l’arrivo di Mitridate)
 
 SCENA VI
 
 MITRIDATE, preceduto e seguito da’ suoi ufficiali e da una parte del suo esercito, e ORNOSPADE
 
 ORNOSPADE
 Sdegnerai, sommo duce?...
 MITRIDATE
 Cieli! Ornospade? E chi ti guida a noi?
 ORNOSPADE
165Il mio esiglio o ’l mio fato.
 MITRIDATE
 L’esiglio tuo dicesti?
 ORNOSPADE
 Sì, Mitridate.
 MITRIDATE
                            E di che reo?
 ORNOSPADE
                                                      Saperlo
 possono i miei nemici.
 MITRIDATE
                                            Indizio o grido
 non giunse a noi di tua sventura.
 ORNOSPADE
                                                              A tutti
170stia ignoto pur, che men ne resta offesa
 del nostro re la gloria.
 MITRIDATE
 Tu ’l campion, tu l’eroe del parto impero?
 Il sostegno del trono?
 ORNOSPADE
 Ne l’auge de’ miei fasti esule io sono.
 MITRIDATE
175Come avvenne? Stordisco.
 ORNOSPADE
 Dopo vinti gli Sciti
 e la Iberia e la Colchide a le leggi
 di Artabano costrette,
 quando il prezzo goder de’ miei sudori
180penso nel regio affetto e ne le nozze
 di Palmide, un comando
 mi giugne, o dei! d’uscir del regno; e morte
 mi si minaccia, o indugi o vi ritorni.
 MITRIDATE
 Con qual core il soffristi?
 ORNOSPADE
185Di vassallo. Ubbidii, soffersi, tacqui.
 Sperai dal tempo, scopritor del vero,
 l’opportuno soccorso
 ma indarno. Un anno è corso; e alcun non spunta
 propizio lume che dilegui l’ ombre
190e mi renda il mattin.
 MITRIDATE
                                         Dove frattanto
 tuoi dì vivesti? Ozio è di tedio al prode.
 ORNOSPADE
 Ove in util potessi
 trarli del mio signor. Sai che Artabano
 fu chiamato a regnar sovra de’ Parti,
195dopo la morte del crudel Fraate.
 MITRIDATE
 E che i figli di questo
 ne minaccian di guerra,
 da Tiberio protetti.
 ORNOSPADE
 Cessi il grave timor. Tal io buon’opra
200resi al romano augusto
 negl’illirici campi
 che l’amistà ne ottenni
 e fei sì ch’ei desista
 dal volger contra i Parti
205l’aquile vincitrici.
 MITRIDATE
 Non fu in suddito mai tal zelo e fede.
 ORNOSPADE
 Ferma pace a segnar tra i due regnanti
 vien l’orator Metello;
 e non lunge il lasciai
210che per altro sentiero a lui sen vada,
 cui non posso apprestarmi,
 senza esser reo di un’ira
 che meritar, più che incontrar pavento.
 MITRIDATE
 Or perché qui venir, dove fra poco
215esser deve Artabano?
 ORNOSPADE
 Per versare in suo pro l’ultimo sangue.
 Intesi il dubbio assedio e la proterva
 di Anileo resistenza. Oh! Possa almeno
 trar ne l’eccidio mio l’alma rubella,
220da cui solo vien forse ogni mio danno.
 MITRIDATE
 Perfido egli è ma prode. Onde è racchiuso,
 qual indomita tigre,
 esce né vi rientra che satollo
 di molta strage; e di recenti morti
225ne sta afflitto ora il campo.
 ORNOSPADE
 Orché vittoria il fa sicuro, assalto
 moviamogli notturno.
 Mi è nota la città. So dov’ella abbia
 facil più la sorpresa.
230Se vincitor non tornerò, sui loro
 scudi riporteranmi, ricoperto
 di non tutto mio sangue, i tuoi soldati.
 MITRIDATE
 Non sogliono, Ornospade,
 quei che reggono l’armi, in ardua impresa,
235dividerne con altri
 o cederne l’onor. Ma l’amistade
 e la pietà, che ho de’ tuoi casi, ad ogni
 riguardo in me sovrasta. Olà, le schiere
 che al conflitto non fur, chiuse nel vallo,
240mettansi sotto l’armi
 e seguano Ornospade ov’ei le guidi,
 sicure di trionfo. E tu, grand’alma,
 va’, pugna e vinci; e ’l nostro re qui giunga;
 e al grido de’ tuoi merti
245de l’error suo pena e rimorso il punga.
 ORNOSPADE
 Ah! Chi fra le sventure
 in amico trovar può tanta fede,
 non è mai sì meschin quant’ei si crede.
 
    Se nel conflitto io moro,
250a quel gran re, cui servo,
 e all’idolo che adoro
 che morto son dirai
 e che laggiù portai
 fede, innocenza, amor.
 
255   Questa sul freddo avello
 dia qualche pianto e quello
 non turbi la mia pace
 col dirmi traditor. (Parte, seguito dagli ufficiali dell’esercito)
 
 SCENA VII
 
 MITRIDATE e poi NISEA con seguito di parti
 
 MITRIDATE
 Stammi a core Ornospade
260ma più il riposo del mio amor. Di questa
 troppo omai lunga guerra
 esser mi dee mercede
 Nisea, la regal figlia; e ne ho in sicuro
 pegno la fé sovrana e più l’affetto
265di lei che il mio gradisce; o almen lo spero.
 NISEA
 Del tacito pensiero
 qual, Mitridate, è ’l vago oggetto?
 MITRIDATE
                                                               Il posso
 dir senza nota di soverchio ardire?
 L’adorata Nisea.
 NISEA
                                 Se tale io fossi,
270ondeggerien su le nemiche torri
 i partici vessilli.
 Ma i suoi trofei ritarda
 chi non ne cura il prezzo.
 MITRIDATE
                                                I numi avversi
 fatto han l’ultimo sforzo
275per contrastarmi un bene
 che il lor quasi pareggi.
 Ma pria che ’l dì risorga, avvinto e presa
 vedrai Carre e Anileo, mercé a l’invitto
 Ornospade qui giunto...
 NISEA
280Che ascolto! Ei qui?
 MITRIDATE
                                       Tratto dal zelo...
 NISEA
                                                                      Ah! Fugga
 l’implacabile padre.
 MITRIDATE
 Ciò ch’ei fece per lui, ciò ch’egli tenta
 al regio il renderà, senza sua colpa,
 favor perduto.
 NISEA
                             Ah! Tu non sai... Previeni
285il re che non lontano
 con Geronzio lasciai di gravi affari
 ragionar. Piaccia al cielo
 che nuova trama non si ordisca... Ah! Salva
 Ornospade, se m’ami.
 MITRIDATE
290Sprone aggiugni al disio; né ’l tuo bel labbro
 ardua impresa mi chiede,
 ove abbia molto a meritar mia fede.
 
    In soccorso al degno amico
 chiamerò con l’amistà
295la pietà del tuo bel core.
 
    E in suo pro fedele oprando,
 dirò a me: «Servo al comando
 del dovere e de l’ amore».
 
 SCENA VIII
 
 NISEA
 
 NISEA
 O mia prima, o mia illustre
300fiamma che spenta io già credea, tu riedi
 con alto incendio a divampar. Mio core,
 qual conforto ne speri?
 Ornospade non sa né, se ’l sapesse,
 curerebbe il tuo foco.
305Palmide ti prevenne; ed io per legge
 di un padre re son destinata ad altri.
 È ver; ma non dispero.
 Palmide piace al re. Chi sa? Ornospade
 esser miglior vassallo
310vorrà che amante. Un re rival fa solo
 la sua miseria. Ei lo rispetti; e forse
 io ne sarò il compenso. A Mitridate
 converrà darsi pace.
 Un re, che altrui defraudi
315di premio anche promesso,
 sa trovar vie per risarcirne il danno;
 e mi fia lieve impresa
 un credulo amator pascer d’inganno.
 
    Un dolce sorriso,
320un languido sguardo,
 un dir: «Peno ed ardo»
 costa poco a la beltà
 che tien arte a lusingar.
 
    I teneri amanti
325ne rende costanti,
 più che il bel che in noi si vede,
 quell’inganno, a cui dan fede,
 di aver merto a farsi amar.
 
 Ballo di mori indiani, schiavi del seguito di Nisea.
 
 Fine dell’atto primo